Dietro le quinte di Alien

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Il storia del film che ha dato origine a una delle saghe horror-fantascientifiche più celebri di Hollywood.

Nello spazio nessuno può sentirti urlare: queste furono le parole con cui Alien venne presentato al suo debutto, nel maggio 1979. Parole che si dimostrarono essere quanto mai appropriate: Alien si rivelò essere un perfetto fanta-horror, capace di gelare il sangue nelle vene. Come spesso accade, il successo che si nasconde dietro ad Alien è dovuto a molteplici fattori, tra cui l’ambientazione, gli effetti speciali, i personaggi, tutti ugualmente riusciti. Alien è ispirato a un film degli anni ’50, intitolato Il mostro dell’astronave (It! The Terror From Beyond Space, 1958). In quella occasione il ‘mostro’ era un abitante del pianeta Marte che si nutriva di sangue umano. Una squadra di astronauti, di ritorno da una missione esplorativa sul pianeta rosso, si accorge di aver portato a bordo della navetta anche un ospite indesiderato. Il mostro inizia allora a uccidere, uno alla volta, tutti i membri dell’equipaggio, per procurarsi il sangue di cui ha disperatamente bisogno. Dopo aver cercato di confinarlo ai livelli inferiori dell’astronave, il capitano riesce a ucciderlo decomprimendo il ponte e scagliandolo nello spazio. Gli effetti speciali del Mostro dell’astronave sono assolutamente ingenui e risibili, inoltre il film è ricordato per aver introdotto uno dei primi vampiri spaziali della storia del cinema di fantascienza (un elemento del tutto assente in Alien), tuttavia le analogie tra questo B-movie e il capolavoro di Ridley Scott sono evidenti.

Alien nasce da due diverse idee dello scrittore Dan O’Bannon, che in precedenza aveva collaborato con John Carpenter alla sceneggiatura di Dark Star (1974). A metà degli anni ’70 O’Bannon aveva iniziato a scrivere una sceneggiatura intitolata Memory, nella quale l’equipaggio di un nave commerciale viene risvegliato dall’ibernazione criogenica in seguito alla ricezione di un segnale di SOS alieno. Indagando sulla provenienza del segnale, l’equipaggio scopre un’astronave aliena precipitata su un remoto asteroide. Precedentemente, O’Bannon aveva scritto un’altra sceneggiatura, intitolata Gremlins (nulla a che vedere con l’omonimo film della coppia Joe Dante – Steven Spielberg) nella quale un mostro si trova a bordo di un bombardiere B17, nella notte dell’attacco su Tokyo durante la seconda guerra mondiale, e ad uno ad uno uccide tutti i membri dell’equipaggio. Alla fine Memory sarebbe diventata la prima parte del film, mentre Gremlins la seconda, ma mancava ancora qualcosa per far si che Alien non fosse altro che un B-movie degli anni ’70. L’idea per rendere unico questo nuovo mostro venne a Ron Shusett, un amico di O’Bannon che stava collaborando con lui alla sceneggiatura. Si narra che, ispirato da un sogno, Ron abbia svegliato O’Bannon nel cuore della notte, dicendogli che aveva avuto un’idea grandiosa sul ciclo vitale del mostro: la creatura si sarebbe attaccata a un astronauta, e avrebbe depositato un embrione. Questo sarebbe cresciuto nel corpo ospite come un parassita, e ne sarebbe uscito all’improvviso per continuare a crescere ancora.

A questo punto, O’Bannon iniziò a scrivere la sceneggiatura dettagliata del film, mentre Shusett si mise alla ricerca di una casa di produzione che li poteva finanziare. Questa prima versione della sceneggiatura era abbastanza simile al film finale, ma conteneva ancora diversi elementi che sarebbero poi stati cambiati. Tra questi, il fatto che le uova degli alieni non fossero nell’astronave, ma in una struttura a forma di piramide. Questa, utilizzata come camera di fertilità, era adornata con geroglifici e statue che avrebbero poi fornito agli astronauti la chiave per comprendere il ciclo di vita dell’alieno. Shusett propose il soggetto di O’Bannon a una piccola casa di produzione, chiamata Brandywine Production. Questa era stata fondata dallo scrittore-regista Walter Hill, dal produttore Gordon Carroll e dallo scrittore David Giler. Hill, Carroll e Giler, per riuscire a mettere in piedi la loro compagnia, avevano stipulato un accordo con la Fox, che in cambio gli aveva ceduto gli uffici. Qualsiasi progetto della piccola casa di produzione doveva essere prima presentato ai dirigenti Fox, i quali a loro discrezione avevano il diritto appropriarsene. Walter Hill vide le potenzialità della sceneggiatura di O’Bannon, ma al tempo stesso si rese conto che, soprattutto nei dialoghi, mancava del tocco di un professionista, e quindi si mise a rivederla approfonditamente. Una volta terminato il lavoro di revisione, come previsto da contratto, presentò il progetto alla Fox. Malgrado Shusett avesse già sottoposto il lavoro di O’Bannon alla casa di produzione con esito negativo, questa volta ai dirigenti Fox piacquero le modifiche di Hill e decisero di produrre il film. I cambiamenti di Hill riguardavano soprattutto la caratterizzazione dei personaggi. Lo scrittore pensò che sarebbero stati più realistici se avessero avuto degli scontri tra di loro e dei motivi di discordia. Così, oltre a cambiare alcuni nomi, Hill introdusse le discussioni e i battibecchi dell’equipaggio della Nostromo. A questo punto del lavoro comunque era ancora presente l’idea della piramide. Un’altra importante aggiunta di Hill fu l’idea che al computer della nave non importasse molto della sopravvivenza dell’equipaggio. Tuttavia, alla Fox non erano ancora soddisfatti del lavoro, e Hill chiese l’aiuto del suo socio David Giler per migliorare la sceneggiatura. Giler non era molto favorevole all’idea di un computer intelligente che interagisse con i personaggi, pensando che fosse troppo simile ad HAL 9000 di 2001 – Odissea nello spazio (2001 – A Space Odissey, 1968). D’altro canto Hill voleva assolutamente mantenere il conflitto tra l’uomo e la macchina, così i due autori raggiunsero un compromesso: Ash. In questo modo venne concepito l’androide di bordo, che, come il computer, non era interessato alla sopravvivenza dell’equipaggio, ma solo all’acquisizione di dati scientifici. Giler apportò moltissimi altri cambiamenti alla sceneggiatura. Tra l’altro, decise di eliminare la sequenza della piramide e della camera di fertilità, ritenendo che avrebbe reso troppo lento il film.

Con la sceneggiatura pronta e approvata dalla Fox, era giunto il momento di trovare un regista per il film. Hill era ormai stanco del progetto e decise di dedicarsi ad altro. Furono fatti diversi nomi, tra cui Steven Spielberg e Brian DePalma. Alla fine la scelta cadde su un nome poco conosciuto fuori dall’ambiente: Ridley Scott. Scott aveva iniziato la sua carriera di regista nel campo degli spot pubblicitari, e si era in seguito fatto notare con il film The Duellist (1976) al Festival di Cannes. Scott fu un altro degli ingredienti riusciti che hanno reso Alien molto più di un semplice film di fantascienza. Inizialmente, il famoso regista inglese declinò l’offerta di Hill, Giler e O’Bannon, essendo impegnato in un altro progetto, un film intitolato Tristan and Iselut incentrato su Re Artù e sui cavalieri della tavola rotonda. Inoltre, Ridley Scott aveva fatto sapere di non essere affatto interessato al genere fantascientifico. In effetti Scott fu introdotto alla fantascienza proprio grazie ad Alien, e pochi anni più tardi avrebbe diretto un altro capolavoro assoluto di questo genere: Blade Runner (1982). In seguito, due mesi più tardi, Scott si rese conto che il suo progetto stentava a decollare e chiese a Hill se l’offerta era ancora valida.

Trovato il regista, fu il momento di cercare qualcuno che avrebbe potuto dare un volto credibile all’alieno. Scott era particolarmente preoccupato da questo aspetto in quanto aveva avuto l’impressione che, con poche eccezioni, tutti i mostri che si erano visti nei film horror fino a quel momento, fossero stati talmente poco credibili da rovinare il finale del film una volta svelati. Sembra che anche lo stesso Kubrick avesse lavorato per mesi (con un notevole investimento finanziario) per creare degli alieni convincenti nel suo 2001- Odissea nello spazio, e che alla fine avesse desistito lasciando avvolti nel mistero i costruttori del monolito. I pochi esempi di alieni convincenti, Scott li aveva visti solo in Guerre Stellari (Star Wars, 1977) e in Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close Encounters of the Third Kind, 1977). Naturalmente quello non era il genere di alieni adatto per questo nuovo progetto. Certo, Scott era intenzionato a mostrare molto poco la creatura durante il film, lasciando il resto all’immaginazione dello spettatore, tuttavia voleva essere sicuro che nel finale del film, una volta che la creatura fosse stata vista per intero, non sarebbe venuta meno la credibilità. Inoltre Scott, voleva fortemente che questo mostro risultasse quanto più alieno possibile (nel senso letterale del termine, ovvero diverso).

I tormenti di Scott finirono quando gli capitò fra le mani Necronom IV, l’ultimo libro pubblicato da un artista svizzero: Hans Rudi Giger. I disegni di Giger esprimevano esattamente quello che Scott aveva in mente. Mescolando elementi organici e meccanici, Giger riusciva a creare delle visioni al tempo stesso terrorizzanti e affascinanti. L’artista fu prontamente contattato da O’Bannon, ma Giger non sembrava interessato a lavorare nell’industria cinematografica. La sua ultima esperienza nel campo era stata deludente, infatti Giger aveva partecipato a un progetto, in seguito abortito, del regista cileno Alexandro Jodorowsky per portare sul grande schermo il fantastico romanzo di Frank Herbert Dune (progetto al quale aveva partecipato anche O’Bannon, e durante il quale O’Bannon e Giger si erano conosciuti per la prima volta). Ricordando la brutta esperienza di Dune, un lavoro per il quale tra l’altro non era mai stato pagato, Giger accettò inizialmente di disegnare solo alcuni schizzi preliminari dell’alieno nelle varie fasi del suo ciclo vitale. Giger portò a Scott delle idee per le uova aliene, per il face-hugger (la creatura che deposita il parassita), e per l’alieno adulto. Scott, impressionato dalla qualità del lavoro, convinse Giger non solo a creare tutti gli altri disegni necessari per portare in vita l’alieno, ma anche a costruire lui stesso il costume che avrebbe indossato lo stuntman, il nigeriano Bolaji Badejo. I dettagli della testa della creatura, con un meccanismo per far uscire fuori la bocca più piccola, furono invece affidati a un artista italiano, Carlo Rambaldi. In seguito Rambaldi avrebbe creato anche un altro famosissimo alieno di ben diversa indole: l’extraterrestre di E.T. (E.T. The Extra-terrestrial, 1982) nel film diretto da Steven Spielberg.

Giger si assunse anche l’incarico di creare il pianeta alieno (il cui nome, sebbene non venga mai menzionato nel film, è Acheron), e sia gli esterni che gli interni del relitto. Inizialmente, Giger avrebbe dovuto occuparsi soltanto dei disegni, ma in seguito a una sua visita sul set durante la preproduzione, l’artista svizzero si assunse anche l’incarico della realizzazione. Secondo Giger, lo staff di tecnici stava realizzando i set in maniera ancora troppo “umana”. Utilizzando vere ossa, pezzi di motori, tubi di varia natura e cavi, Giger riuscì a conferire alle scenografie quel senso di estraneità e alienità che rende il film così credibile. In questo senso, il suo capolavoro è senza dubbio l’alieno fossilizzato trovato all’interno dell’astronave. Componenti organici e meccanici fusi tra loro tremendamente antichi. Quel set, costruito a grandezza naturale, rimane una delle più belle scenografie che siano mai state realizzate per un film di fantascienza.

Gli interni e gli esterni dell’astronave Nostromo furono progettati e disegnati da Ron Cobb e Chriss Foss, mentre le tute spaziali degli astronauti vennero affidate a Jean “Moebius” Girad. Un altro imponente set costruito per il film fu proprio quello della Nostromo. I tre livelli della nave furono costruiti su tre teatri di posa differenti. Il livello A includeva gli alloggi, la sala mensa, la sala computer, l’infermeria e il ponte di comando. Il livello B era utilizzato per sistemi di sostentamento, mentre nel livello C si trovava la sala macchine, oltre un intricato labirinto di corridoi percorsi da cavi, tubi e altro. Le intenzioni erano quelle di far sembrare la nave al tempo stesso enorme e claustrofobica.

L’ultimo ingrediente di successo di Alien fu il cast, in particolare Sigourney Weaver nelle vesti di Ripley. L’attrice è riuscita a conferire al personaggio, nato come uno dei tanti membri dell’equipaggio, una tale forza e vitalità, da rendere Ripley uno dei migliori personaggi femminili della fantascienza cinematografica.

Le riprese di Alien iniziarono il 25 luglio 1978, agli Shepperton Studios. Poiché i set della Nostromo non erano ancora completi, le prime scene a essere girate furono quelle della scoperta del relitto alieno su Acheron. La tensione e la fretta con la quale dovevano procedere i lavori aiutarono certamente gli attori a rendere scontrosi i loro personaggi, e a volte anche il loro stupore, se non paura, era genuino. Per la famosa scena del piccolo alieno che emerge dal torace di Kane, Scott decise di tenere tutti gli attori all’oscuro di quanto sarebbe accaduto. Solo John Hurt (l’interprete di Kane) fu ammesso sul set per preparare il finto torace. Dopo diverse ore di lavorazione, la scena era pronta per essere girata, e al resto del cast fu concesso di entrare sul set. Con tre macchine da presa in azione, l’alieno iniziò ad agitarsi sotto la maglietta di Kane, schizzando di sangue tutti gli attori senza che questi se lo aspettassero. Le loro reazioni, specialmente quella di Veronica Cartwright (che interpreta Lambert), furono perfette.

Il 25 settembre fu girata la famosa scena nella quale Ripley trova il capitano Dallas ancora in vita nella stiva della nave. Dallas, in parte avvolto in un bozzolo alieno, non è stato ucciso dalla creatura, ma immobilizzato e utilizzato come organismo ospite di un nuovo embrione. Anche altri membri dell’equipaggio sono presenti nella stiva, ma ormai non sono più in grado neanche di parlare. Con le ultime forze che gli rimangono, Dallas supplica Ripley di bruciare con il lanciafiamme lui e l’intero comparto, e alla fine Ripley accetta. Questa scena, che sarebbe stata inserita durante la fuga di Ripley verso la navetta di salvataggio, fu poi scartata da Scott poiché rallentava troppo l’azione. Tuttavia, avrebbe in seguito ispirato James Cameroon nel girare la scena del ritrovamento dei coloni in Aliens- Scontro finale. Le riprese di Alien si conclusero nel dicembre 1978, e subito dopo iniziò il lungo lavoro di post produzione. Il film ebbe la sua prima il 26 maggio del 1979. La critica si espresse con sentimenti misti: alcuni lo vedevano come un capolavoro della fantascienza alla stregua di Guerre Stellari o di Incontri ravvicinati del terzo tipo, mentre altri lo giudicarono semplicemente come un rifacimento dei monster-movie degli anni ’50. Fu unanime invece il successo di pubblico, che lo accolse con grande entusiasmo. E il resto… è storia.

La scheda del film:

Titolo originale: Alien
Gran Bretagna, 1979
Durata: 117 minuti

Interpreti
Capitano A. J. Dallas Tom Skerritt
Tenente Ellen L. Ripley Sigurney Weaver
Navigatore J.M. Lambert Veronica Cartwright
Tecnico ingegnere S. E. Brett Harry Dean Stanton
Ingegnere G.W. Kane John Hurt
Ufficiale scientifico Ash Ian Holm
Capo ingegnere J.T. Parker Yaphet Kotto
Alieno Bolaji Badejo
Voce del computer Helen Horton

Regia: Ridley Scott
Produttori: Gordon Carroll, Walter Hill, David Giler
Produttore esecutivo: Ronald Shusett
Sceneggiatura: Dan O’Bannon
Basata su una storia di: Dan O’Bannon, Ronald Shusett
Musica: Jerry Goldsmith
Direttore della fotografia: Derek Vanlint
Montaggio: Terry Rawlings
Supervisori effetti speciali: Brian Johnson, Nick Allder
Consulente visivo: Dan O’Bannon
Disegni preliminari: Ron Cobb
Disegni aggiuntivi: Jean “Moebius” Girard, Chriss Foss, H.R. Giger
Direttori artistici: Les Dilley, Roger Christian

Data di uscita: 25/5/1979

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